Non a Voce Sola
 
 
 

Capita a volte di pensare propria un’idea che invece abbiamo mutuato da qualcun altro. L’ideazione del nome della rassegna pensavo fosse una mia idea originale, invece a posteriori, a due anni di distanza, mi accorgo che non è così. Avevo letto il libro di Adriana Cavarero “A più voci” ed ecco l’ispirazione. La filosofa definiva la voce come “una sorta di nucleo invisibile ma immediatamente percepibile dell’unicità”. Muoversi da un concetto di unicità e polifonia, un concetto anche molto dibattuto da Helene Cixous: “ …la voce canta prima della legge, della legge del padre….” La voce come elemento trasgressivo rispetto ad un sistema codificato. Ma aldilà dei cammini a ritroso alla ricerca dei sensi perduti delle nostre scelte, avevo ben chiaro il senso e l’obiettivo di una rassegna al femminile nelle Marche. Nasceva da una mia esigenza interiore condivisa da altre donne che mi hanno dato la forza e le idee per costruirla, volerla e realizzarla. Un cammino di conoscenza all’interno del pensiero femminile alla ricerca di chi prima di noi aveva fatto un percorso simile. E’ stato inevitabile l’incontro con la filosofia della differenza e con le filosofe del Movimento delle donne. Era un riannodare un dialogo generazionale sicuramente non interrotto ma nascosto, un voler raccogliere una eredità. Non è stato casuale l’apertura dell’edizione del 2010 con Luisa Muraro, la filosofa più autorevole della differenza in Italia, colei che tradusse Speculum di Luce Irigaray e la chiusura ad Ancona con Alessandra Bocchetti, altra figura autorevole del Movimento delle Donne. Alessandra Bocchetti ci lasciò con un augurio: “ Basta con l’indignazione , ci vuole il governo”. Gli appuntamenti del 2011 sono partiti lì dove ci eravamo lasciate, il rapporto della donna con il potere e la politica e quindi il governo. Chiara Zamboni, filosofa del linguaggio e appartenente alla comunità di filosofia femminile Diotima, ha aperto la Rassegna. Sovrano è stato il rapporto della donna con lo spazio pubblico, sia esso spazio politico, spazio narrativo, spazio filosofico o spazio scenico. Lo spazio come il luogo del possibile e forse dell’impossibile in senso irigariano. La rassegna 2012 segue, senza pretese di organicità, il percorso tracciato ma con gravità e leggerezza vuole capire e comprendere lo spirito dei tempi. Legarsi al presente, vivere il presente, con un occhio al passato come storia ed uno al futuro come prospettiva. Il fil rouge è il tempo, convenzione labile ed ampia. Il tempo per vivere, il tempo per morire(magari in senso simbolico, si spiega così la grande presenza di psicanalisti), il tempo come racconto. Si inizia dal racconto con Elisabetta Rasy, biografa e scrittrice, nonché editorialista. E’ il racconto della vita, è un’opera di autorialità che attinge dalla vita vissuta e dall’esistenza, dalle storie comuni e particolari. E’ finita l’epoca delle grandi narrazioni ideologiche, è l’era, come dice Cristina Campo, “della bellezza in fuga, della grazia e del mistero sul punto di scomparire”. E’ questo crepuscolo di una civiltà che sembra fagocitarci, è la possibilità di ripensare il nostro essere nel mondo e la concezione del nostro sé e dell’universo. Perché il futuro è aperto, ne sono convinta.

Oriana Salvucci